ART

 

Anche nell'arte l'elemento magico è presente in moltissime opere  e condiziona l'opera di vari autori. Qui di fianco è raffigurata la Strega di Salvator Rosa, pittore eclettico, poeta nonché alchimista seicentesco. Si tratta di un olio che ben rappresenta l'immaginario sorto intorno alla figura della fattucchiera come donna che esercita arti magiche compiendo malie e stregonerie. Semanticamente la parola strega deriva dal termine strix latino che significa uccello notturno, tant'è che il nome scientifico dell'allocco è appunto Strix, mentre con Strigidi si identificano vari rapaci notturni (gufo, civetta, assiolo, allocco ecc.). Nell'antica Roma con strige si connotava un volatile notturno malefico che si nutriva di carne e sangue umano. Testimonianze di questo tipo si ritrovano in Plauto, Petronio e Orazio che negli Epodi considera le piume della strige come ingrediente per preparare una pozione d'amore. Nella lingua inglese invece la parola witch deriva dal sassone wicca/wicce ossia saggio, sapiente. Anche nel tedesco la parola Hexe reca nell'etimo un significato sapienziale. La strega accanto ad una connotazione malefica e  negativa assume fin dall'etimo anche caratteri magici, legati a forme di sapienza e di conoscenza non convenzionali, che trascendono la sfera del logico e del culturalmente accettabile per addentrarsi in codici tutti propri di una sapienza rivolta a pochi.

Io vo’magici modi

 

tentar, profane note,

 

herbe diverse e nodi,

 

ciò ch’arrestar può le celesti rote,

 

mago circolo,

 

onde gelide,

 

pesci varij,

 

acque chimiche,

 

neri balsami,

 

miste polveri,

 

pietre mistiche,

 

serpi e nottole,

 

sangui putridi,

 

molli viscere,

 

secche mummie,

 

ossa e vermini,

 

suffumigij,

 

ch’anneriscano

 

voci horribili,

 

che spaventino,

 

linfe torbide,

 

ch’avvelenino,

 

stille fetide,

 

che corrompino,

 

ch’offuschino,

 

che gelino,

 

che guastino,

 

ch’ancidano,

 

che vincano,

 

l’onde stigie...

 

Salvator Rosa, La Strega, ode

 

Hieronymus Bosch, Trittico del Giudizio (partic.)

Ulrich Molitor, De laniis et phitonicis mulieribus, 1489 - volo di streghe trasformate in animali


Nel 1484, con la bolla papale Summis desiderantes affectibus, Innocenzo VIII decretò che l'Inquisizione doveva impegnarsi fattivamente nella caccia alle streghe, caccia che avrebbe trovato il suo grande manuale nel Malleus maleficarum, grande trattato sulla natura e sulla fenomenologia della stregoneria, compilato dai domenicani

Heinrich Krämer e Jacob Sprenger (i frati domenicani erano anche chiamati Domini canes, ossia cani da guardia del Signore, proprio in virtù del loro ruolo repressivo all'interno del Sant'Uffizio).

Nel Malleus maleficarum tuttavia non c'era un "apparato grafico" della stregoneria, ovvero non esisteva un supporto iconografico parallelo alla trattazione. Qualche anno più tardi, con il De Lamiis et pythonicis mulieribus (1489) di Ulrich Molior, nei testi cominciarono ad apparire riproduzioni xilografiche che nutriranno l'immaginario del sabba e identificheranno la strega come artefice di patti demoniaci.

Le streghe vengono ritratte in volo a dorso di bastone e in metamorfosi, trasformate in animali (vero e proprio topos della mutazione stregonesca). Il cielo di questa incisione è in tempesta cosicché la strega viene ritenuta anche responsabile delle devastazioni climatiche e conseguentemente dell'infruttuosità dei raccolti.

I contenuti elaborati nei trattati demonologici trovarono così una rappresentazione visiva nelle incisioni, quindi nella stampa che garantiva una buona diffusione di idee e un immediato rimando visivo del fenomeno stregonesco nelle sue varie connotazioni.

 



Il piccolo quadro qui rappresentato (conservato alla Tate Gallery di Londra - link) è opera di Richard Dadd, pittore inglese dalla tragica esistenza. Quest'opera si intitola The Fairy Feller Master Stroke (Il colpo da maestro del taglialegna delle fate) ed è datata 1855-1864. Dadd fu pittore di scene esotiche ed enigmatiche, abitate da spiriti, fate e altri esseri di fantasia appartenenti a certa mitologia e favola nordica.

Questo artista riveste un ruolo importante nella Storia dell'Arte europea poiché rientra in quel gruppo di personalità considerate malate di mente, infatti dipinse molti dei suoi quadri - tra cui questo - nelle case di cura di Bethlem e di Broadmoore. La sua attività di pittore venne sempre incentivata dai medici che lo ebbero in cura, proprio come forma di contrasto rispetto alla sua schizofrenia. Il piccolo formato (54x40 cm.) rivela la cura maniacale dell'autore per il dettaglio. L'ambientazione privilegiata è il sottobosco con le sue specie vegetali, entro cui si muovono elfi, fate e tutto un popolo di esserini immaginari ma facilmente riconducibili al mondo della fiaba di area germanica (cfr. le favole dei Grimm). Questo artista fu importantissimo per tutto il largo seguito di illustratori che cercarono di emularne la pittura che sembra quasi cesellare, con il pigmento, la superficie della tela. La critica inoltre non ha mai cessato di considerare Dadd uno dei grandi pittori dell'epoca vittoriana, accanto ai contemporanei Preraffaelliti, tant'è vero che quest'olio rientra ormai nel novero delle riproduzioni della manualistica accademica (cfr. Arte nel tempo, De Vecchi - Cerchiari).

Curiosità: il gruppo inglese dei Queen ha intitolato un pezzo del 1974 proprio The Fairy Feller Master Stroke